Un interessante articolo di Federico Berti, antropologo bolognese, studioso di miti e tradizioni, ci parla delle origini di sogni e smorfia nella cultura popolare, affrontando luoghi comuni e preconcetti sul ruolo dell’interprete e delineando un filo conduttore che, dall’antichità al presente, si nutre dell’interesse perenne che sogni e smorfia continuano a suscitare.

sogni e smorfia nella cultura popolare

sogni e smorfia nella cultura popolare

Sono particolarmente felice di ospitare sulla Guida Sogni,  Federico Berti antropologo  e cantastorie, studioso di miti e tradizioni ed il suo articolo sulle connessioni fra sogni e smorfia nella cultura  popolare.

Nel mio lavoro con i sogni mi sono spesso imbattuta nell’interesse e nell’attrazione per sogni e smorfia, per la numerologia, per l’aspetto magico e predittivo delle interpretazioni.

Spesso ho desiderato approfondire e scrivere qualcosa al proposito, ma il tempo è tiranno e, dovendo fare una scelta, sono rimasta nei sentieri del simbolismo junghiano e nell’esperienza del Dreamwork (lavoro con i sogni) nato dalla psicologia umanistica degli anni 60 e sviluppato nella mia formazione di counselor Voice Dialogue e nel contatto con i sognatori ed i loro sogni.

Sono quindi molto grata a Federico Berti per questo articolo su sogni e smorfia nella cultura popolare, un argomento intrigante che esplora il substrato culturale di ogni teoria e lavoro con i sogni.

Invito i lettori a commentare l’articolo con le proprie impressioni e a visitare il sito dell’autore  esplorando argomenti, video e pubblicazioni (altri  riferimenti e link a fondo pagina). Ecco quanto ci dice l’autore di sogni e smorfia:

Sogni e smorfia napoletana. Luoghi comuni da sfatare

Molte cose diamo per scontate, in realtà quando si parla di Sogni e Smorfia napoletana bisogna fare dei distinguo, la tradizione popolare non è per niente incline alla superstizione e in questo articolo proveremo a chiarire alcuni dubbi sull’argomento.

Non si può nemmeno parlare di una tradizione uniforme o propria di una regione particolare, ma di diverse pratiche spesso contraddittorie tra loro, che hanno trovato il modo per sopravvivere in parte con la trasmissione orale, in parte con la pubblicazione di opere scritte.

Le fonti al riguardo sono principalmente le cabale del lotto, cataloghi di simboli in parte illustrati e in parte scritti, conservati nelle biblioteche storiche insieme ai lunari dei cantastorie; quelle tavole periodiche, sempre più voluminose e sempre più specializzate, dichiarano il loro debito ai cabalisti di tradizione umanistica, si rifanno a Giordano Bruno, Cornelio Agrippa, Marsilio Ficino, Tommaso Campanella, Dante Alighieri.

 La Smorfia è napoletana?

Di probabile origine partenopea si considera comunemente la volgarizzazione del nome di Morfeo, anche se non ne è stata mai documentata l’origine; resiste in modo particolare nel napoletano la pratica dell‘incubazione rituale e la credenza negli spiriti che proteggono l’interprete, accompagnata da ogni sorta di preghiere e scongiuri con cui si chiedono i numeri a un santo o a un antenato.

Non è invece specificamente meridionale la pratica di associare i simboli ricorrenti nei sogni ai 90 numeri del lotto così come non lo sono i primi cataloghi apparsi in Italia per orientare l’interpretazione, i più antichi dei quali è più probabile siano apparsi a Venezia e in Toscana dove la libertà di stampa era maggiore che altrove e quotidiani i rapporti col mondo arabo; in biblioteca possiamo svolgere una ricerca sulle tradizioni locali consultando le tavole periodiche dei simboli e mettendole a confronto; è molto popolare la cabala dei sogni in Toscana, in Emilia Romagna (Ficino era del modenese), in Veneto, in Liguria, persino a Roma.

Sogni e smorfia. Una forma di superstizione?

La credenza negli spiriti dei defunti è collegata alla devozione religiosa verso un santo o un’anima del purgatorio che, a dire il vero, si configura più come una forma di devozione religiosa; un tempo anzi avveniva di frequente che gli stessi chierici dessero i numeri da giocare, tanto che in Toscana gli interpreti ancora oggi si chiamano “frati“.

La preghiera alla Madonna, a un santo, a un defunto, cui viene richiesto di sognare i numeri vincenti, si configura come un atto rituale inscritto nel complesso di pratiche volte a orientare l’attività onirica attraverso esercizi di concentrazione prima di addormentarsi.

La ricerca di un sogno lucido. Chi non è religioso non ha bisogno della Vergine o di San Pantaleone, invocherà il buon senso e la ragione, controverso è l’aspetto dottrinale di queste pratiche, guardate con sospetto dalle autorità religiose.

 L’assistito è protetto dagli spiriti?

La credenza nel purgatorio è parte integrante della dottrina apostolica romana e non produce atteggiamenti superstiziosi fin quando non rivendica un potere sull’anima del trapassato, non si dichiara cioè di poterne condizionare la volontà.

Lo spirito di un defunto è in realtà legato all’elaborazione collettiva d’un lutto che ha ferito e segnato la comunità o un suo clan familiare: lo spirito che appare ai vivi è tradizionalmente considerato il sintomo di un malessere sociale, poiché sono i vivi a trattenere i morti quando non si rassegnano alla loro dipartita; nei casi più critici questo rifiuto può tradursi in fenomeni di natura isterica sotto forma di allucinazioni o ‘voci‘, oppure l’elaborazione sociale di una memoria condivisa che porta i viventi ad assumersi parte dei compiti svolti del defunto quand’era ancora in vita.

La figura dell’assistito o confidente pubblico, è quella su cui di fatto viene proiettato il mondo interiore di un’intera comunità, in questo senso lo si considera protetto dagli spiriti; attraverso il racconto dei sogni, degli incubi, delle aspirazioni di tante persone, l’interprete ha una visione d’insieme che il singolo sognatore non può avere.

 L’interprete è un ciarlatano?

L’assistito napoletano, che a Bologna è chiamato bulgaro ma assolve lo stesso tipo di funzione, è soggetto a un controllo sociale molto stretto e vive in condizioni di povertà estrema, non chiede un compenso per l’analisi e la scelta della combinazione numerica, comunque non un compenso in denaro.

La sentenza che porta è per lo più in versi poetici, spesso contiene un piccolo indovinello o gioco di parole che rende il collegamento ai simboli non sempre d’immediata attribuzione, in effetti l’analisi del sogno e la costruzione del responso richiedono abilità per sviluppare le quali è necessario un addestramento specifico, la trasmissione di un’arte: non a caso i numeri del lotto erano tradizionalmente distribuiti in piazza dai cantastorie, non poteva farlo chiunque.

La reputazione dell’interprete si fonda in particolare sulla capacità d’isolare una combinazione di simboli significativi per il sognatore, competenza che sviluppa nell’arco di diversi decenni durante i quali può verificarsi una crescita dei confidenti e aumentare ovviamente la probabilità di combinazioni vincenti al gioco; al consolidarsi della credibilità consegue a volte un incremento dei risultati, che a sua volta produce l’inevitabile alone di mistero.

Più che dagli spiriti però l’oracolo è assistito dalla comunità che lo nutre, lo veste, l’ospita, si prende cura della sua salute; credibilità revocabile in qualsiasi momento se non dà buoni consigli o non mantiene il dovuto riserbo sui racconti che riceve, o peggio se si comporta come un arrampicatore sociale: a quel punto la comunità locale dei sognatori si ritrae, lo abbandona a sé stesso.

 La statistica è una scienza

Un discorso a parte meritano le analisi statistiche, l’indagine sui numeri ritardatari, le tabelle dei numeri simpatici, le speculazioni astrologiche e pitagoriche su cui molti al giorno d’oggi pensano di poter dare numeri vincenti.

La scienza al riguardo non ha dubbi, ogni volta che un numero viene estratto da un contenitore con altri 89 è come fosse la prima, la probabilità che ne esca uno piuttosto che un altro è sempre la stessa, uguale per tutti.

Non c’è motivo per cui un numero ritardatario possa aver maggiore o minore probabilità di manifestarsi rispetto a un altro di recente estrazione; tanto meno ha fondamento l’idea che un numero esca più spesso in combinazione con un altro.

La statistica è una scienza, speculazioni di questo tipo comportano indimostrata relazione di causa-effetto fra l’analisi del sognatore e l’uscita del numero, quindi possiamo classificarle senza dubbio come superstizioni. Ciò non impedisce al giocatore di tentare la fortuna avvalendosi dei consigli che trova nelle riviste, ma la probabilità di vincere è la stessa che ha ricavando i numeri dal sogno.

Sogni e smorfia. La paura fa novanta?

Le cabale del lotto hanno un debito verso i classici tradotti dal greco e dal latino fin dal secolo XV, divulgati proprio attraverso queste pubblicazioni al vasto pubblico dei mercati. L’aspetto forse più interessante è che la filosofia ermetica e la cabala umanistica erano state oggetto di studio per almeno quattro secoli nelle università insieme ad altre arti come la medicina e l’astrologia (allora indistinta dall’astronomia).

Una targa posta sulla chiesa di San Giacomo a Bologna ricorda che queste materie venivano insegnate spesso proprio nelle canoniche, nelle aule distaccate dalla sede centrale degli atenei. Verso la meta del ‘400 il primato della teologia sulle altre scienze inaugurò una fase di oscurantismo che avrà in personaggi come Giordano Bruno, Galileo Galilei e Campanella, alcuni fra i suoi martiri più illustri.

Quelle scienze, tuttora a fondamento della moderna semiotica, furono così bandite dalle università e solo con l’invenzione della stampa avvenuta pochi decenni più tardi riusciranno a ricavarsi uno spazio nell’editoria popolare, proprio attraverso gli almanacchi dei cantastorie e, a partire dal XVII secolo, le cabale del lotto.

Nei primi cataloghi della Smorfia traspare quindi l’intervento di chi aveva studiato a fondo Artemidoro e la patristica medievale. Nelle tavole periodiche si possono dunque riscontrare delle costanti, che segnalano una matrice comune o quanto meno dei contatti fra le tradizioni, rielaborate poi sulla base delle esperienze dirette; inutile dire che i sogni risentono della cultura locale e perciò non si può stabilire un fondamento archetipico universale, per questo motivo i cataloghi sono tanto diversi uno dall’altro e riportano simboli spesso contemporanei al tempo in cui vengono pubblicati, insieme ad altri che risalgono addirittura alla scrittura geroglifica.

Non si potrebbero spiegare altrimenti le uniformi dei carabinieri in una Smorfia dell’800, o il copricapo della dea egizia Iside. Sarà proprio il contatto fra questi interpreti tradizionali e le società teosofiche del XIX secolo a preparare l’avvento di quella che sarà la più grande rivoluzione scientifica del secolo scorso: la psicoanalisi, che proprio nell’onirocritica muove i suoi primi passi.

 La cabala ebraica

Non possiamo non ricordare che la parola cabala viene dall’ebraico Qbl, letteralmente ‘ricevere la tradizione’, un’arte speculativa e una disciplina ermeneutica fatta risalire dagli ebrei al II secolo dell’era volgare, quando la distruzione del secondo tempio causò la dispersione del popolo d’Israele nel mondo e determinò la conseguente necessità di mantenere un’identità culturale indipendente nei paesi in cui queste comunità s’insediavano.

Le sinagoghe dovevano servire all’educazione, che avveniva attraverso lo studio dei simboli e una riflessione sapienziale per lo più ripiegata sui testi sacri all’ebraismo, principalmente la Torah (Antico Testamento) e il Talmud. In realtà i primi testi di cabala ebraica di cui si sia conservata copia risalgono al IX secolo e provengono dal medioriente, penetrarono in Italia insieme alle opere degli astronomi e dei matematici arabi.

La Commedia dantesca è interamente strutturata secondo questa dottrina della rappresentazione simbolica ad albero, una dottrina che in realtà fa la sua comparsa molto prima della diaspora ed è diffusa in ogni cultura fin dall’invenzione della scrittura. Non risulta essere un prodotto specifico dell’ebraismo.

Sogni e smorfia. In conclusione

La porta dei sogni egizia, le sephirot degli ebrei, la propaganda monumentale romana, la mistica cristiana, passano attraverso le opere divulgative degli umanisti nell’ambiente popolare e vengono portate in piazza dai principali divulgatori di cultura, i cantastorie.

Sotto forma di lunari, almanacchi, o in appendice ai Pianeti della fortuna, sono loro i principali responsabili della straordinaria diffusione che la Smorfia ha avuto fra il 1600 e i giorni nostri. Come tutte le tradizioni tende ad assumere in ogni luogo forme diverse, anche da un interprete all’altro.

Ma quali differenze ha rispetto alla psicoanalisi?

Molto si potrebbe dire, ma per ragioni di spazio ci soffermeremo sulla prima e più importante delle questioni, la figura dell’interprete, che non viene addestrato da una comunità di sognatori, ma studia liberamente in un’istituzione accademica e per esercitare dev’essere iscritto a una corporazione, la società degli analisti. La sua attività non è soggetta allo stesso controllo che un tempo si riservava all’assistito, non vive in povertà (tutt’altro) e chiede ovviamente un compenso in denaro per le sue prestazioni, essendo uno specialista di settore.

Cosa rimane dunque dell’onirocritica?

Quel che rimane è una tradizione che non si rassegna a morire; le tavole periodiche dei sogni, la foresta dei simboli e il desiderio di ricavarne un contenuto, per vivere in armonia coll’infinito mondo che abbiamo dentro.

Federico Berti Copyright © 2015
 

Il cantastorie  Federico Berti  è autore di una rubrica dedicata ai sogni dei personaggi famosi, citati nelle opere letterarie di ogni tempo. Si occupa di musica, letteratura, video e tradizioni popolari.

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Marzia Mazzavillani Copyright © Vietata la riproduzione del testo

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Sogni e smorfia nella cultura popolare ultima modifica: 2015-08-17T07:00:26+02:00 da Marni